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Festa di SantAntonio Abate a Fara Filiorum Petri Foto di Romano Paolini

Festa di Sant’Antonio Abate a Fara Filiorum Petri

A Fara Filiorum Petri, in Provincia di Chieti, il santo patrono Antonio viene celebrato il 16 Gennaio con uno dei riti del fuoco più suggestivi ancora esistenti in Abruzzo, le Farchie.
Fara, insediamento Longobardo, come testimonia il suo nome, venne convertita al cristianesimo dai Benedettini delle Abbazie di S. Salvatore a Majella e S. Liberatore a Majella. Tra i culti introdotti e diffusi in epoca longobarda, quello del Santo Monaco Antonio, presentato come protettore degli animali, ben si prestava alla conversione non solo al cattolicesimo ma anche all’allevamento e alla vita sedentaria della nomade popolazione longobarda. A rafforzarlo deve aver contribuito in modo determinante l’opera della congregazione degli Antoniani in grado di curare con efficacia la terribile malattia comunemente nota come fuoco di S. Antonio che causò un’epidemia intorno al Mille. Il rimedio trovato dai monaci consisteva nell’applicare sulle parti colpite strutto di maiale.
La chiesetta dedicata al santo, nei pressi della quale le farchie vengono bruciate, si trovava fuori dalle mura del paese e doveva far parte di un lazzaretto che i malati potevano raggiungere senza contagiare la comunità
La devozione a S. Antonio, ormai radicata nella piccola società agricolo-pastorale, si rafforzò con il miracolo che la tradizione popolare gli attribuisce, secondo la quale Fara e i suoi cittadini vennero salvati dall’annientamento da parte dei Francesi nel 1799.
Testimonianze storiche provano che le truppe dell’esercito di Bonaparte stanziate a Chieti minacciassero di saccheggiare il paese perché ritenuto colpevole di offrire aiuto alle bande leali al re Borbone formatesi nei paesi limitrofi. Erano state tese imboscate ai soldati francesi nella Selva, un grandissimo querceto che dalla contrada Colli di Fara si estendeva fino alla vicina Vacri. Decisi ad impartire una risolutiva risposta agli attacchi i soldati francesi entrarono nella Selva, ma S. Antonio apparve loro nelle vesti di un vecchio generale dalla barba bianca. Intimò loro di arretrare e al loro rifiuto trasformò gli enormi alberi in colonne di fuoco mettendoli in fuga.
In segno di gratitudine verso il santo, la popolazione iniziò a recarsi in processione sul luogo dove il miracolo era avvenuto, e dove in seguito venne eretta una cappella, portando fiaccole devozionali.
A questo evento miracoloso la tradizione popolare attribuisce le origini della festa, ma una testimonianza raccolta da A. Porreca addirittura sposta il miracolo al periodo delle incursioni saracene.
Sembra tuttavia evidente dai tanti studi relativi ai rituali cristiani innestati su cerimonie pagane, che questo processo sia avvenuto anche per le farchie. La presenza del fuoco, il periodo dell’anno, la forma stessa della farchia, suggeriscono un’origine legata ai riti per la fecondità della terra.
Non abbiamo una datazione sicura sul processo evolutivo di queste fiaccole devozionali da piccoli torce ad enormi fasci di canne. Probabilmente la loro trasformazione è stata graduale e si può collocare tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Di certo le aumentate dimensioni e relativo peso nonché le conseguenti ragioni di sicurezza hanno determinato i numerosi spostamenti del luogo dove innalzarle.
Ormai da molti anni la festa si svolge in prossimità della chiesa di S. Antonio nell’omonima contrada ma ogni 25 anni, per commemorare il miracolo, le farchie vengono riportate sul luogo dove è avvenuto.

Festa di Sant'Antonio Abate a Fara Filiorum Petri - Foto di Serena Di Fulvio
Festa di Sant'Antonio Abate a Fara Filiorum Petri - Foto di Serena Di Fulvio

Ci sono varie ipotesi sull’origine del nome farchia. Per G. Finamore è una derivazione di falcola, termine del ‘500 che indica una candela o fiaccola. Secondo il Dizionario Abruzzese e Molisano di E. Giammarco la parola potrebbe essere un adattamento di forchia, che indica il caprile e per estensione la palizzata di canne che delimita lo spazio delle capre nella stalla; oppure di farchjie, canna palustre usata per impagliare sedie o bruciare le setole del maiale. Tuttavia, data l’origine longobarda del paese, potrebbe anche derivare dal verbo “fahren”,che significa portare.
I materiali necessari per la costruzione della farchia sono due: le canne ed il salice rosso. L’accurata scelta di entrambi è essenziale per la sua stabilità, tanto quanto l’abilità tecnica nell’assemblarli.
Innanzitutto bisogna rispettare i tempi della raccolta: prima della fine dell’inverno le canne devono essere tagliate e conservate all’asciutto fino alla festa successiva, mentre i rami di salice vanno presi tra Novembre e Dicembre. Poi si devono conoscere i posti giusti dove procurarsi entrambi nella quantità e soprattutto la qualità necessarie. Per questo ogni contrada ha i suoi posti, dove le altre non devono andare.
Per tutto il tempo richiesto dalla costruzione della farchia viene fatto un grande fuoco che non deve mai spegnersi, quindi ci si procura abbondante legna prima di iniziarla. Il fuoco è necessario per ammorbidire le estremità dei rami di salice che, annodati, costituiscono i legami, ma è anche il luogo d’incontro intorno al quale ci si riunisce per suonare e cantare.
Il nostro canto del “Santantone” è “una nenia medioevale giullaresca” (A. Gandolfi) che narra come Antonio, sceso all’inferno a causa di un patto imposto a sua madre dal diavolo, ne venga poi cacciato in seguito al grande trambusto che vi genera. Questo canto, accompagnato dal suono della “ddu botte” è la colonna sonora di tutta la festa.
La struttura della farchia è costituita dall’anima, il piede, il fusto e la cima o fiocco.
L’anima, che in passato conteneva un palo, è il nucleo iniziale le cui dimensioni determinano il diametro dell’opera finita; la sua solidità influisce sulle manovre di innalzamento e la sua stabilità. Essa viene “fasciata” gradualmente con strati di canna stretti prima con funi e man mano con i “legami” di salice rosso.
La legatura è forse l’aspetto più difficile e appassionante della costruzione e richiede una grande perizia. I legami possono essere 17, 19 o 21 con i nodi perfettamente allineati come devono esserlo anche le canne esterne per non mostrare segni di giunture.
Il piede ha canne appuntite per far presa sul terreno mentre la cima viene lasciata libera e riempita di paglia per facilitare l’accensione.
L’ultimo legame viene salutato dai farchiaroli con un brindisi che esprime la gioia e la soddisfazione per il lavoro completato. Poi si fa una gran festa ma anche le sere precedenti, soprattutto le ultime tre, sono l’occasione per mangiare insieme i piatti della festa a base soprattutto di carne di maiale ed i dolci tipici. Chiunque può unirsi agli abitanti della contrada. Le donne cucinano incessantemente per tutta la durata della preparazione della farchia, spesso per centinaia di persone, perpetuando la tradizione di ospitalità legata a questa festività.

Le farchie - Festa di Sant'Antonio Abate a Fara Filiorum Petri - Foto di Cristian Baitg Schreiweis
Le farchie - Festa di Sant'Antonio Abate a Fara Filiorum Petri - Foto di Cristian Baitg Schreiweis

Il 16 gennaio, verso le 14.30, la farchia, già legata alle “filagne”(i due pali che serviranno poi ad alzarla) viene portata sul piazzale dell’accensione. Il trasporto ormai da tempo viene effettuato soprattutto con trattori; rimangono solo 4 contrade a continuare la consuetudine di portarla a spalla. Tutte vengono seguite dai contradaioli con cibo e bevande da consumare dopo la fatica finale.
Quando tutte le contrade hanno messo a terra la loro farchia inizia la fase di innalzamento, quella più rischiosa e delicata.
L’azione degli uomini alle corde davanti che eseguono i comandi impartiti dal capofarchia o altra persona esperta, dev’essere bilanciata da quella del gruppo che da dietro l’accompagna, prima con una scala e poi con le filagne legate a forbice.
Al calare della sera tutte le farchie sono in piedi e può iniziare l’accensione: secondo l’ordine deciso da un sorteggio viene dato fuoco a quello che chiamiamo “batteria” cioè il mortaretto che dalla cima è stato srotolato fino a terra. Quando il fumo iniziale è sostituito dalla fiamma scroscia l’ applauso della contrada. Ora, sotto le farchie che bruciano esplodono i canti gioiosi che cancellano la fatica e la tensione. La processione con il santo arriva per benedire la popolazione interrompendo brevemente la festa che riprende per continuare fino al momento in cui viene deciso di riportare in contrada quello che resta della farchia.
Il 17, giorno della festa religiosa vengono benedetti gli animali ed il fuoco durante la messa solenne delle 11. Viene anche distribuito il pane di S. Antonio che in seguito verrà anche portato nelle case. Nel pomeriggio una messa viene celebrata in contrada Colli nella chiesetta edificata sul luogo del miracolo.

Dove e Quando

Info

Foto

Video

L’antica tradizione delle farchie di Sant’Antonio. Servizio di Giacomo Avanzi per Tv2000.

Giornale Luce A0261 del 02/1929. Video di Istituto Luce Cinecittà.

  • Contenuti della pagina a cura di:
    Gemma De Ritis
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