«Vedite che ve caccia Macerata, pe chistu Santo vanno ascì a ‘mpazzì. Se scassano ‘i strumiente int’a sunata, ma chistu vizio nun se po perdì. … ‘A festa ‘e Sant’Antuono è n’alleria!», recita un antico canto locale.
La festa più importante e amata dai maceratesi è quella dedicata a Sant’Antonio Abate, celebrata nel calendario liturgico il 17 gennaio. In questa occasione il caratteristico centro storico di Macerata Campania si anima per i festeggiamenti del Santo eremita, chiamato Sant’Antuono dai locali. È questa la Festa di Sant’Antuono, una delle feste popolari/religiose più importanti della Regione Campania, alla quale accorrono ogni anno migliaia di visitatori provenienti da tutta l’Italia. L’unione del culto cristiano e della devozione per il Santo, con antichi retaggi pagani, rendono alla manifestazione una elevata importanza culturale e popolare capace di coinvolgere non solo tutta Macerata Campania, ma anche le comunità limitrofe.
Giovani, adulti, anziani e perfino bambini, infatti, uniscono le proprie forze per la preparazione di questo evento, soprattutto nella creazione dei Carri di Sant’Antuono, dai 15 ai 20 enormi carri a forma di barca che sfilano nei giorni di festa per le strade del paese e sui quali si esibiscono delle particolari orchestre dette battuglie di pastellessa (gruppi locali), ognuna composta da 50 e più persone. Fra gli elementi decorativi del carro ritroviamo le foglie di palma, che simboleggiano le origini egiziane del Santo.
Durante la sfilata dei Carri di Sant’Antuono i bottari (esecutori locali che compongono le battuglie) percuotono botti, tini e falci usati come strumenti musicali, coordinati dalla figura più importante, il capobattuglia, dando vita a poliritmie che si rifanno alle sonorità e alla musica contadina della comunità: è questa la “Musica di Sant’Antuono”, una musica primigenia – forse la più antica in Europa arrivata intatta ai giorni nostri – usata dai maceratesi per allontanare il male e sconfiggere il diavolo.
Le poliritmie eseguite si rinnovano continuamente, alla cui base ci sono sempre gli stessi e semplici ritmi eseguiti in antichità. Solitamente si usa indicare la musica prodotta dai bottari con il termine generico di pastellessa, anche se questo è solo il nome di uno dei tre ritmi principali proposti – A Sant’Antuono, a Tarantella e a Pastellessa – e che è anche il nome del piatto tipico che si consuma durante la festa: la past’ e ’llessa – pasta con le castagne lesse – selezionata nel 2011 come uno dei 150 piatti tradizionali che più rappresentano le caratteristiche culturali e storiche dell’Italia.
I canti riproposti dalle battuglie di pastellessa sono quelli dei contadini e degli operai che in genere usavano cantarli o recitarli durante il lavoro, sì che si alleviassero la durezza della fatica. A questi canti si aggiungono i brani più noti appartenenti alla tradizione napoletana e i testi inediti scritti e musicati appositamente per la festa dai partecipanti all’evento: in essi è facile ritrovare dei riferimenti al Santo, alla festa, alla tradizione, al territorio, alla vita quotidiana e al sociale. Al capobattuglia è assegnato l’arduo compito di musicare questi brani a suon di botti, tini e falci, con l’aiuto dei cantori tradizionali.
La festa dura svariati giorni, a partire dal sabato e la domenica che precedono il 17 gennaio. È un susseguirsi di attività che si intrecciano e animano il paese e che si aggiungono alla liturgia ecclesiastica e alla sfilata dei carri di Sant’Antuono. Il 16 gennaio sul sagrato della Chiesa Abbaziale San Martino Vescovo avviene la consueta benedizione degli animali, di cui Sant’Antonio Abate è il protettore, con a seguire l’accensione del fuoco simbolo di purificazione dal male e della lotta del Santo contro il diavolo.
Il 17 gennaio si apre con la solenne Messa officiata dall’Abate curato della Parrocchia San Martino Vescovo e la processione in onore del Santo per le strade del paese, mentre i carri si dirigono nella piazza principale per le ultime esibizioni. A mezzogiorno c’è l’accensione dei fuochi pirotecnici figurati, dove si ritrovano delle figure legate alla vita e al culto del Santo (la signora, il porco, il ciuccio e la scala), la cui esplosione vuole rappresentare la distruzione del male. Nelle prime ore pomeridiane è possibile assistere alla tradizionale riffa, cioè la vendita all’asta di tutti i beni in natura offerti dai devoti al Santo durante la questua. L’esecuzione dei giochi tradizionali, come il Palo di sapone svolto il 16 gennaio, rievocano l’aspetto ludico della comunità e completano la manifestazione. L’intera funzione religiosa è poi ripetuta il sabato e la domenica successivi al 17 gennaio nella località Caturano, dove il sacerdote della Chiesa San Marcello Martire rinnova e chiude i festeggiamenti a Macerata Campania.
Valore sociale e significato culturale
L’evento principale organizzato nella Parrocchia San Martino Vescovo assume una connotazione intercomunale. Infatti, ricopre un vasto territorio che comprende l’intero Comune di Macerata Campania, a cui si aggiungono le pertinenze extra comunali della Parrocchia, che congiuntamente all’area maceratese, comprende gran parte dei territori limitrofi di Curti e Portico di Caserta. Fra gli esecutori, oltre alle persone residenti nelle aree indicate, una piccola percentuale proviene da altre comunità della provincia di Caserta e di Napoli, distanti anche 20 km, che giungono a Macerata Campania per suonare sui Carri e onorare il Santo: tutto ciò contribuisce ad alimentare l’interculturalità dell’elemento, come elemento rappresentativo della cultura campana. A questi si aggiungono i tanti oriundi che rientrano in città, dalle altre regioni italiane e dall’estero, appositamente per la festività del 17 gennaio.
Si denota una persistenza di valori sociali e significati culturali correlati al valore identitario dell’elemento culturale. La fase di preparazione della festa di Sant’Antuono dura un anno intero e coinvolge tutte le famiglie del paese, tanto da segnare gli usi e costumi dell’intera comunità e da rappresentare l’argomento più discusso per l’intero anno. Infatti, sono dai 1000 ai 1500 i bottari – percussionisti ambi-sesso, dai 4 anni di età fino a superare i 70 anni – che nei giorni di festa si esibiscono sui carri di Sant’Antuono, un numero abbastanza consistente se si considera la popolazione del paese, che è pressappoco di diecimila abitanti. Questa situazione ci consente di affermare che forse Macerata Campania è il posto in Europa con la più alta densità di percussionisti attivi (supera il 10% della popolazione).
Questi fattori hanno spinto l’Amministrazione Comunale, nel 2012, ad attribuire al Comune la denominazione tipica di “Paese della Pastellessa”, al fine di rimarcare il forte legame della comunità con la tradizione delle battuglie di pastellessa e con la festa di Sant’Antuono, riconoscendola formalmente come Patrimonio Culturale Immateriale di Macerata Campania.
Notizie storiche-critiche
Secondo la tradizione orale la festa di Sant’Antuono a Macerata Campania ha avuto origine nel XIII secolo nell’antico casale di Macerata. Al tempo il paese si presentava come una comunità in prevalenza agricola e artigianale, dove il lavoro dei campi richiedeva l’uso di una ricca gamma di attrezzi e strumenti che venivano fabbricati dagli artigiani locali. Costoro, nelle fiere che si tenevano, per evidenziare la solidità degli attrezzi da un lato e per attirare l’attenzione dei passanti dall’altro, percuotevano botti, tini e falci riproponendo dei ritmi primordiali, che con i voluti o forse fortuiti miglioramenti, portarono alla creazione di quelle peculiarità sonore che ancora oggi caratterizzano la musica eseguita dai bottari. Con il passare del tempo la fiera artigianale si è così inserita nelle manifestazioni in onore del Santo.
I ritmi primordiali, che sono alla base della musica eseguita dai bottari maceratesi, hanno un’origine più antica, riconducibile a rituali pagani con oltre 2000 anni di storia. Questi riti agresti dell’antichità servivano a risvegliare la terra per il nuovo raccolto, rituali che con il tempo sono confluiti nella festa antoniana pur mantenendo la loro funzione primaria di esorcizzare il male e di protezione contro le avversità della natura. L’utilizzo degli utensili da lavoro in funzione musicale/sacrale rievocano quelli che sono i riti di inizio d’anno, quando, per accogliere il nuovo ciclo annuale, si praticano usi diretti a scacciare demoni e spiriti maligni, oltre che a favorire il rinascere della natura e ad augurarsi buoni raccolti. Un’antica legenda locale, infatti, racconta di contadini che percuotevano freneticamente botti, tini e falci nel tentativo di scacciare gli spiriti maligni dagli angoli bui delle loro cantine; questo rituale ripetuto poi all’aperto, secondo l’antica legenda, costituiva un aiuto propiziatorio per il buon raccolto nel nuovo anno. Il percuotere di botti, tini e falci assumeva, quindi, una funzione lustrale e fecondante, che potrebbe derivare da un culto preesistente come quello della Mater Matuta, che nella mitologia romana era la dea del mattino o dell’aurora e quindi protettrice della nascita degli uomini e delle cose, un culto che si collega con molta probabilità al tempio di Capua antica dedicato all’Aedes Alba, di cui fa cenno Tito Livio e che era presente nell’area maceratese oggi corrispondete alla località Casalba.
Negli archivi ritroviamo delle tracce del Settecento sulla festa di Sant’Antuono. Nel Catasto Onciario di Macerata del 1754 accanto ai numerosi braccianti e “fatigatori” della terra vi era una larga schiera di galessieri, vaticali, ferrari, maniscalchi, bottari, manesi, tutti specializzati nella produzione di traini, botti, tini, falci e altri strumenti e arnesi che, combinati fra loro sui carri, segnano lo strumentario delle battuglie di pastellessa. Nel 1766 Ferdinando IV, Re di Napoli, diede concessione al parroco locale don Consalvo Peccerillo di ossequiare una questua che era «solita a farsi ogni anno in onore del Santo, a cui i cittadini professano grandissima devozione». In un bilancio predisposto dall’Università di Macerata per l’anno contabile 1791-1792 vi è stanziata la somma di ducati venti «per celebrare le feste dell’Immacolata Concezione, per la Novena del Natale, Triduo di Carnevale e le feste del Protettore S. Martino e di S. Antuono Abbate», segno delle lontani origini della festa.
Dove e Quando
- 81047 Macerata Campania CE (evento esteso su tutto il Comune)
- 17 gennaio, a partire dal sabato e la domenica che lo precede
Info
- Associazione Sant'Antuono & le Battuglie di Pastellessa
- Corso Umberto I n. 13, 81047 Macerata Campania CE
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Foto
Video
“La festa di Sant’Antuono a Macerata Campania”, servizio di Luigi Ferraiuolo per il TG2000 – Tv2000 (2015).
La festa di Sant’Antuono a Macerata Campania – RAI 3 TG Itinerante TgR Campania 16/01/2016. Servizio di Pasquale Piscitelli (2016).
Documentario di Luigi Ferraiuolo, prodotto da Rete Blu per Tv2000: “Libera nos a malo: La musica di Sant’Antuono contro il diavolo a Macerata Campania” (2017).
Documentario di Andrea Valentino: “‘A Pastellessa” (2020).
Video realizzati dall’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Progetto cofinanziato dalla Regione Campania: “La festa di Sant’Antuono a Macerata Campania tra tradizione e reintepretazione” (2020).
Cortometraggio 2020
La sfilata dei carri di Sant'Antuono
La processione
I ritmi
La benedizione del fuoco e animali
La questua e la riffa
La past'e'llessa
I fuochi figurati
Il mazzafune
Le mazzette per i tini
I giochi tradizionali
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Contenuti della pagina a cura di:Vincenzo Capuano